La pesca della Tanuta a Bolentino con canna

Pesca in mare a bolentino: tra i pesci che si possono catturare sui fondali rocciosi, pescando a barca ferma e con l’esca naturale, la tanuta regala emozioni e soddisfazioni impagabili

Chi è solito praticare la traina con l’esca viva, utilizzando un totano o una seppia, saprà che esiste un pericolo sempre in agguato. Si tratta di un pesce che “non fa complimenti”, nel senso che sferra attacchi mortali all’esca viva senza però rimanere ferrato agli ami. In altre parole uccide il prezioso calamaro, che magari aveva richiesto ore per essere preso, e lo lascia lì morto a penzolare alla lenza.

Chi potrebbe aver massacrato con piccoli ma efficaci morsi il calamaro?

Chi potrebbe costringerci a un rientro anticipato a terra per “mancanza” d'esca?

La risposta può essere una sola: la tanuta, uno sparide dal nome scientifico Spondyliosoma cantharus.

pesca tanuta a bolentino

Consigli per la pesca della Tanuta a Bolentino con canna: terminali, attrezzatura, esche, fili, dove pescare, ecoscandagli, pasture e trucchi – PescaFishingShop.com

Nonostante i suoi atteggiamenti “poco simpatici”, la tanuta rappresenta comunque una preda molto ambita sia per le sue carni sia per la sua combattività. Da quanto abbiamo letto fino a questo punto, avremo ben capito che la pesca a traina con esca viva non sia affatto il sistema migliore per prenderle. Meglio praticare un bolentino moderno, tecnico, di quelli che si mettono in pratica con attrezzature e fili calibrati alla taglia di pesci che possono superare il chilogrammo, e servendosi montature di tipo diverso a seconda che le prede della situazione concreta siano più o meno “affamate”, vale a dire più o meno disposte ad abboccare a inneschi fatti con calamaro, polpa di gambero o sardina.

Noi vogliamo che tu peschi belle tanute! ...e i trucchi ci sono! Leggi il seguito!

In questo articolo vedremo di capire insieme quali possono essere le tecniche vincenti per fare belle pescate di tanute ed evitare i problemi più comuni per chi ha poca dimestichezza con il bolentino, o comunque per chi non si è mai esercitato in un bolentino mirato a questa specie di sparide. Molti pescatori amano dire che la tanuta è un pesce “del mare aperto”, non perché viva a profondità particolarmente importanti ma, piuttosto, perché popola tutte quelle zone di pesca che, lungo molti tratti delle coste italiane, si trovano a una certa distanza dalla terra ferma, in corrispondenza di secche rocciose e posidonia.

Per incontrare tanute di buona taglia a meno di un paio di miglia dalla costa è necessario che lo spot di pesca sia davvero d’eccezione, pensiamo a splendide scogliere che sprofondino con un pendio notevole, così come ce ne sono diverse in Calabria, Sicilia, Corsica e Sardegna.

Altrove però spesso è necessario andare in cerca di spot di pesca particolari e isolati, di quelli che bisogna conoscere, oppure scovare grazie all’aiuto di un buon ecoscandaglio.

L’habitat che questo sparide predilige è costituito da fondali rocciosi. La presenza di posidonia è un buon segnale, purché non sia mista alla sabbia.

La Spondyliosoma cantharusSpondyliosoma cantharus è un pesce dalle abitudini gregarie e questo per il pescatore è un vantaggio non da poco visto che, preso un pesce, potremo sicuramente contare su moltissimi altri pesci in quella zona di pesca.

Per questo possiamo pianificare una nostra battuta mirata alla tanuta con l’obbiettivo di riportare a terra un buon numero di pesci al nostro rientro; tutto questo ovviamente nel rispetto delle leggi scritte e del necessario rispetto per il mare.

Tanute? Questione di profondità!

Per quanto concerne le profondità di pesca, la tanuta di una certa taglia pascola in branco su fondali posti tra i 15 e i 65 metri di profondità. Le sue abitudini sono piuttosto curiose dato che nonostante sia una specie bentonica, in altre parole “di fondo”, spesso si comporta come un pesce “di galla”, quasi come si trattasse di una grossissima boga. Per comprendere meglio questo punto focale della pesca alla tanuta vogliamo fare un esempio. Su un fondale di cinquanta metri un pescatore non particolarmente esperto, ma comunque già “avviato”, si aspetterebbe di trovare un branco di tanute in prossimità del fondo, diciamo negli ultimi tre metri; a volte invece capita che un branco di tanute stazioni a mezz’acqua, anche alla considerevole distanza di una ventina di metri dal fondo. Diventa facile capire allora che in una situazione come questa calando un classico terminale da bolentino, che svolge la sua azione nel primo metro rasente al fondo, non arriverà nessuna abboccata da parte di una tanuta, neppure nel caso in cui utilizzassimo un monofilo sottile e le migliori esche. Per la buona riuscita di ogni battuta di pesca alle tanute dunque sarà di importanza fondamentale riuscire a localizzare con precisione l’altezza alla quale staziona il branco di pesci. In seguito, grazie a stratagemmi tecnici che vedremo nel dettaglio più avanti, faremo in modo di portare i nostri inneschi esattamente in mezzo al branco di sparidi, adattando la presentazione dei bocconi a pesci più o meno svogliati e a diverse condizioni di corrente marina.

Attrezzatura da pesca a bolentino alla tanuta

Il bolentino è indubbiamente la tecnica più adatta a catturare le tanute. Dato che per una pesca mirata a questa specie si utilizzano sempre terminali più lunghi di quanto non si usino per un classico bolentino, sarà opportuno impiegare delle canne piuttosto lunghe, di una misura compresa tra quattro e cinque metri, con una predilezione da parte di chi scrive per queste ultime, più lunghe.

In ogni caso la canna dovrà avere azione di punta ed essere equipaggiata con un vettino a innesto (di preferenza in fibra di vetro): le punte che consentono di conferire il massimo grado di sensibilità alla canna da pesca a bolentino.

Per i mulinelli, rivolgiamoci verso attrezzi a bobina fissa e con frizione in testa, capaci di contenere almeno duecento metri di monofilo dello 0,30 o 0,35. Dovranno essere “macchine” affidabili e potenti, che ci permettano di “lavorare” in sicurezza anche catture multiple di pesci. Ricordiamoci poi che questa specie può superare i due chili di peso (seppure in casi rari) per cui un acquisto troppo “al risparmio” potrebbe farci pentire della scelta fatta proprio quando saremo sul più bello.

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L’altezza giusta e il sistema della "prolunga"

Alla base di ogni strategia di pesca che si rispetti c'è sempre l'individuazione dei pesci. Nel caso delle tanute, come accennavamo all'inizio di questo articolo, individuare un branco è complicato per due aspetti, sia per quanto riguarda la zona di pesca sia per quanto concerne l'altezza dal fondo alla quale si trovano i pesci. Il nostro terminale innescato (o più di un terminale se peschiamo con due o tre canne in simultanea) dovrà andare a fermarsi all'altezza a cui staziona il branco. A volte questa altezza potrà essere “decisa” legando alla barca un sacco di pastura, mentre altre volte dovremo procedere seguendo i pesci... sia sull'ecoscandaglio sia cercando le abboccate (alzando e abbassando fisicamente la lenza).

Oltre alla pesca con piombo sollevato dal fondo, ne esiste un'altra che permette di pescare con la massima precisione, stiamo parlando della cosiddetta prolunga. Si tratta di uno spezzone di filo (dello 0,25 mm circa), che al momento della pesca viene aggiunto al terminale che avevamo già preparato a casa, e che distanzia l’asola inferiore del terminale dal piombo.

La lunghezza di questa prolunga (facile capire il senso di questo nome) varierà in funzione dell’altezza a cui vogliamo far pescare i nostri ami innescati. In generale si ricorre a prolunghe fra 1 e 6 metri di lunghezza ma c'è anche chi arriva a 10-15. Dobbiamo comunque avere sempre ben presente che si tratta di una pesca dinamica, nel corso della quale dobbiamo essere noi pescatori ad adattarci alle condizioni del momento, e non stare fermi ad aspettare che sia solo la dea bendata a premiarci con una cattura di grossa taglia. Ci potrà capitare allora di trovarci “di fronte” a tanute che abboccano facilmente alle prime cale ma che, dopo poco, potrebbero diventare diffidenti, oppure lasciare il posto a esemplari di tutt'altra taglia, a volte più grandi e altre volte più piccoli. Sono esattamente questi i momenti in cui è “vietato” poltrire. Non diamo mai per scontato che montatura ed altezza di pesca vadano bene così come sono perché... molto spesso non sarà così.

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Stop alle abboccate? Che fare?

Il fatto che sul nostro vettino, e in contemporanea su quelli dei compagni di pesca, non si avvertano più abboccate non è un segnale “obbligatorio” del fatto che il branco si sia spostato in un'altra zona di mare, lontano dal nostro ormeggio e al di fuori della portata dei nostri inneschi, anche facendo dei piccoli “lancetti”.

Nella maggior parte dei casi, le tanute saranno ancora lì, sotto la nostra barca, soltanto che avranno cambiato altezza, e magari si saranno fatte un pochino più svogliate e diffidenti. In altre parole, se prima si trovavano vicino al fondo, adesso magari potrebbero stare a 3, 4 o anche a 10 metri sopra le rocce sommerse.

Soltanto prove ripetute con prolunghe di lunghezza diversa ci potranno dire dove trovare le Spondyliosoma cantharus. Questo anche perché spesso stazioneranno verso poppa, al di fuori della portata dell'ecoscandaglio.

Una volta che le avremo ritrovate, potremo continuare la nostra serie di catture fino al nuovo spostamento del branco.


Un solo amo per chi diffida!

Se ti succede... devi sapere che...

Capita spesso, nel corso di una bella pescata su un branco di tanute, di trovarsi nella situazione di pesca in cui il cimino si flette, segno di un'abboccata, ma che l'immediata ferrata vada “a vuoto”, senza permetterci d'agganciare la tanuta.

In questa situazione la migliore contromisura possibile è sostituire il terminale a tre a tre ami “tipo bolentino”, con una montatura a un solo amo su bracciolo particolarmente lungo. Un metro e mezzo o anche due e mezzo di un buon fluorocarbon dello 0,26 porterà un amo del numero 8 (ottimo il Serie2 di Tubertini che ci puoi richiedere in packaging di 10 buste).

In questo caso sarà meglio non usare nessun “rinforzino” di lenza. Ovviamente così facendo rischieremo un po' di più che il pesce riesca a recidere la lenza ma, se partiamo dal presupposto che la situazione di pesca è difficile, questo particolare potrebbe fare la differenza tra non vedere abboccate e ferrare qualche bella tanuta.

All'altro capo del lungo bracciolo si troverà una girella tripla che avrà il compito di scaricare le torsioni del filo durante le fasi di lunghe discese verso il fondo.

La lenza madre (quella che va al mulinello) andrà legata direttamente alla stessa girella tripla.

A questo punto ci sarà sicuramente chi si starà chiedendo: “…e il piombo?”. Ebbene la piombatura dovrà essere ridotta al minimo per conferire massima naturalezza all'innesco, che fluttuerà in corrente.

Ci limiteremo dunque ad applicare dei piombetti spaccati (di quelli da stringere) sulla lenza madre posizionandoli a un paio di cm dalla girella. Le piombature oscilleranno tra i uno e dieci grammi, da scegliersi in funzione della corrente e della profondità.

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Drifting leggero alla tanuta

Posata in acqua la lenza innescata, si dovrà aprire l’archetto del mulinello e posare la canna nel portacanna. L’innesco comincerà la sua lenta discesa verso il fondo, seguendo le correnti e presentandosi agli occhi dei pesci nel modo più naturale possibile.

Passare dunque da un comune bolentino a un drifting leggero ci sarà utile quando i pesci si stiano dimostrando particolarmente difficili.

La velocità di fuoriuscita delle spire di filo dalla bobina del mulinello andrà sempre tenuta sott’occhio dato che sarà proprio questo elemento a farci accorgere se un pesce è rimasto allamato.

L’incredibile naturalezza di un innesco presentato con la tecnica del drifting leggero fa sì che, nella maggior parte dei casi, una tanuta ingoi l’amo innescato con un filettino di calamaro, di sardina o un boccone di polpa di gambero.

A quel punto sarà difficile che un pesce si slami e tutto il rischio consisterà nella tagliente dentatura della tanuta.

Pasturazione geniale

Come tutti i pesci di branco, anche le tanute possono essere pescate meglio se richiamate o rese più “attive” se invogliate con una pasturazione. La pastura più usata è la sardina, che qualcuno usa mescolare a sfarinati a base salata.

L’obiettivo deve essere quello di creare una scia odorosa che dalla posizione della barca all’ancora, vada a in corrente anche per centinaia di metri, nonostante i pezzi solidi della pastura vadano a finire sul fondo in un raggio di poche decine di metri o che comunque vengano mangiati prima dai pesci. Questa scia odorosa ci permetterà di andare a stuzzicare il fine olfatto delle Spondyliosoma cantharus per attirarle vicino alla nostra barca.

Sarà importante disporre di pasturatori a sgancio!

Per chi non li conoscesse, diciamo che si tratta di contenitori con apertura “a comando” che permettono di calare la pastura sottobordo e di rilasciarla all’altezza desiderata, dopo aver dato un bello strattone sul cordino a cui è legato il pasturatore.

È buona regola sganciare la pastura a qualche metro dal fondo (dai dieci ai tre metri) così da aumentare la possibile sia odorosa in acqua, dovuta all’azione della corrente sottomarina.

Per pasturare useremo piccoli tocchetti di fatti con un paio di forbici (esistono anche forbici da pastura a tre lame). Potremo anche aggiungere e sfarinati salati, di quelli che generalmente vengono venduti per la pesca delle occhiate; questa aggiunta permette di creare una “nuvola chiara” sott’acqua, dove i pesci di concentreranno.

Sempre rispetto per il mare

Concludiamo questo articolo ricordando che, essendo la tanuta un pesce di branco, è facile che possa abboccare di continuo, soprattutto con esemplari piccoli. È proprio in questi casi che bisogna far prova di buon senso, slamando le prede delicatamente e rilasciandole in attesa di qualche pesce più grande.

Nel tardo inverno, poi, a volte capita che un atteggiamento particolarmente incauto nei confronti delle esche lo abbiano anche i grossi esemplari (che attraversano il periodo della riproduzione).

Non è sempre facile finire una pescata dopo aver preso qualche pesce da mangiare ma, considerato il fatto che questi pesci sono molto forti e in genere non hanno problemi d’embolia, sarà corretto ridare agli esemplari “di troppo” la possibilità di tornare nel blu per riprodursi… sperando che scampino alle reti.

Così avremo modo di pescare al bolentino divertendoci anche negli anni a venire.


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