Spinning in Scogliera: guida tecnica di pesca – Pesca Fishing Shop

La vera ricerca del pesce, spostandosi su un ambiente non proprio ospitale ma fantastico come la scogliera, ci porterà a provare emozioni che non hanno pari.

In questa guida, riassumeremo l’essenza dello spinning in mare, praticato sulle rocce “che natura ha fatto” sempre cercando di capire in che modo poter catturare belle prede.

Scogliere basse o profonde, specialmente durante le mareggiate, saranno lo scenario in cui andremo a ricercare una grande varietà di pesci predatori con le nostre esche artificiali.

Dalle piccole occhiate ai maestosi dentici, passando per saraghi, spigole, tonnetti e quant’altro, in un contesto naturale tra i più belli che un pescatore a spinning possa desiderare.

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Da sempre, lo spinner è visto con un pizzico di sana invidia da chi pratica tecniche di pesca con esche naturali. La leggerezza dell’attrezzatura utilizzata, l’ingombro minimo di esche e accessori che possono essere tutti comodamente riposti in un piccolo zainetto e la massima libertà di movimento, rendono lo spinning un’attività alieutica piacevole e rilassante, priva di tempi morti e senza stress causati da ingombri e pesi da portarsi appresso. Tutta questa libertà di movimento ci permette, oltre a lunghi spostamenti in pesca, anche la possibilità di poter pescare e cercare il pesce in ambienti per nulla ospitali e in condizioni meteo marine non semplici da affrontare.

Esplorazione, ricerca, studio

Chi è solito frequentare le scogliere naturali durante una mareggiata sa bene come un’attrezzatura leggera e ben bilanciata, e un abbigliamento tecnico adatto alla situazione, diano la possibilità di camminare in tali ambienti in sicurezza, riducendo l’affaticamento procurato dagli spostamenti e dall’azione di pesca, e permettendoci di conseguenza di poter pescare meglio e in più zone. Perché in fondo, quando si parla di scogliere naturali e mareggiate è di questo che si tratta: esplorazione, ricerca e studio delle proprie coste. In questi contesti inospitali e insidiosi, dove il rombo del mare fa da contorno ad ambienti selvaggi ed incontaminati, la cattura assume un ruolo secondario, e la continua ricerca utopistica della schiumata perfetta o della piana da sogno ci porta a camminare per chilometri e chilometri tra sentieri lungocosta e rocce scivolose senza rendersene conto.

Approccio alla scogliera

Lo spinning di “ricerca” è una tecnica che richiede obbligatoriamente mare mosso. La mareggiata, creando schiumate sotto alle quali moltissimi predatori amano cacciare e strappando dalle pareti rocciose tutti quei piccoli esseri viventi che fanno parte dei primi anelli della catena alimentare, diventa uno strumento essenziale da sfruttare per mettersi in cammino in caccia di tutti quei predatori che amano queste condizioni meteo, dalla spigola, all’occhiata. Senza onde, questo tipo di pesca diventa una perdita di tempo, inutile cercare ciò che non c’è in un mare senza attività, meglio, in questi casi, scegliersi una punta ben pronunciata verso il largo e pescare da postazione fissa, sperando nell’incontro con qualche pelagico. Ma in questo articolo è proprio sul fenomeno della mareggiata in scogliera naturale che voglio soffermarmi, partendo con argomento di primaria importanza visto l’ambiente ricco di insidie in cui ci ritroveremo a pescare, la sicurezza.

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Sicurezza in pesca

Camminare su una superficie ricca di dislivelli, che può essere sia ruvida che liscia, con da un lato le onde del mare da tenere sempre sotto osservazione e dall’altro una parete rocciosa invalicabile, ci obbliga ad essere sempre mentalmente concentrati su ogni passo che facciamo e a tenere sotto controllo il moto ondoso per avvistare in anticipo eventuali serie di onde più alte della media, che potrebbero avanzare sulla scogliera più del previsto. Se questa è una cosa che viene naturale da fare a tutti, nel momento in cui ci ritroviamo a confronto con una bella preda, ecco che la concentrazione si perde, e anche un passo falso potrebbe causare uno scivolone; peggio ancora, si rischia di non accorgersi di quell’onda anomala che arriva proprio mentre siamo in riva al mare cercando di tirare a secco una bella spigola. Un compagno di pesca diventa indispensabile per gestire in totale sicurezza queste situazioni. Lui sarà di fondamentale aiuto per issare a terra una preda senza troppi rischi e ci farà da vedetta per eventuali onde pericolose in avvicinamento. Oltre al compagno di pesca, un altro dei principali alleati dello spinner quando si tratta di camminare in sicurezza sono le scarpe antiscivolo. Scarponi da wading a caviglia alta, per evitare dolorose storte, con suola in feltro, con o senza chiodi, sono un indumento fondamentale da indossare nelle nostre uscite in scogliera, riescono ad offrire un grip molto elevato anche su lastroni di roccia ricoperti di alghe.

Abbigliamento tecnico e buone abitudini

Per il resto l’abbigliamento varia a seconda delle stagioni, in estate si può tranquillamente pescare in costume e maglietta, e le alte temperature non ci faranno temere qualche schizzo di onda; in altri periodi invece sarà opportuno avere un abbigliamento impermeabile e traspirante, come waders di alta qualità che, oltre a permetterci di entrare in acqua o in qualche pozza, ci proteggono dagli schizzi fino al petto, e una giacca da wading con cappuccio, altro indumento indispensabile contro schizzi o pioggia. Tutto il resto lo fa il buon senso, mantenersi sempre calmi e lucidi in “combattimento”, lanciare solo da postazioni dove c’è la possibilità di salpare senza grossi problemi una preda, non lanciare da zone troppo alte che non consentono mobilità e di conseguenza da dove sarebbe impossibile tirare a terra una preda impegnativa, e tenere sempre d’occhio la marea, specialmente se battiamo zone dove con l’acme di alta si possono chiudere passaggi che ci bloccherebbero la via del ritorno.

Spinning_mare_scoglieraPesca a spinning: analizziamo le scogliere

Le coste rocciose ci offrono gli scenari più disparati. L’innumerevole varietà di ambienti e situazioni che possiamo incontrare ci costringono a portare a pesca una buona varietà di artificiali per far fronte ad ogni situazione in cui ci imbatteremo, dalle piane dove il basso fondale richiede esche che affondino poco, alle scogliere a picco sul mare dove, un jig può andare a stanare quelle prede che cacciano in profondità. In ognuno di questi scenari, il nostro indicatore principale su dove lanciare le esche sarà sempre la schiumata creata dal moto ondoso, che, oltre ad evidenziare eventuali correntoni di reflusso che riportano verso il largo l’acqua spinta a terra dalla mareggiata (ottima fonte di richiamo per prede e predatori) ci dà un’idea sulla profondità della zona, svelando eventuali buche, canaloni, o rocce che si innalzano fino quasi alla superficie. Per chi non è abituato a frequentare scogliere in mareggiata, può non essere semplice “leggere” le frangenze e capire in che modo e con quali artificiali affrontare un determinato spot, per questo, di seguito, cercherò di fare un elenco molto generico e indicativo su come approcciare un determinato tipo di ambiente.

Le piane
Con il termine “piana”, si intendono quelle zone di basso fondale più o meno ampie. Questi ambienti sono ricchi di insidie causate da rocce semi affioranti e dalla bassissima profondità che in alcuni tratti può essere anche inferiore ai 30 centimetri, uno scenario dove il rischio di incaglio è davvero molto alto. Lo spot si presenta quasi sempre come una distesa bianca di schiuma, l’onda sfoga tutta la sua energia a largo, frangendo e spingendosi fino a riva con una spinta via via sempre minore, lasciando dietro di sé una scia di mare bianco e ben ossigenato. Questa perdita graduale di potenza ci permette molto spesso di entrare in acqua per diversi metri in sicurezza, in modo da sondare un tratto più ampio di mare con i nostri artificiali. La scogliera piana è il regno incontrastato della spigola, la regina infatti è solita appostarsi in agguato all’interno di spacchi o canaloni, da dove sferra con violenza i suoi attacchi verticali alle prede ignare del pericolo, quasi sempre mugginetti, che hanno la sfortuna di passargli sopra la testa. Una situazione del genere, si affronta quasi sempre con minnow dallo scarso affondamento, per evitare che si vadano ad incagliare nel basso fondale, montati con ami singoli nella versione maggiore, proprio per diminuire ulteriormente il rischio incaglio, e per ferrare a dovere pesci che tendono ad aspirare l’esca come la spigola.

Salvarsi dalle alghe

In alternativa, in caso di presenza di alghe in sospensione, per salvarsi completamente dal rischio incaglio o solo per piacere personale, non è una cattiva idea quella di affrontare una piana in top water. Piccoli popper o wtd in alcuni casi possono fare la differenza, stimolando un predatore più di quanto riesca a fare un minnow. Si usano principalmente esche di superficie non superiori ai 120mm. Come per i minnow, si cerca di lanciare su buche o spacchi nella roccia, in attesa dell’esplosione d’acqua tipica degli attacchi di spigola su esche topwater.

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Pesca a spinning in scogliera: periodi e stagioni

Quello che conta di più è lo stato del mare!

Questo tipo di pesca non conosce né orari né stagioni o fasi della giornata, richiede soltanto mare mosso.

Qualunque scogliera “imbiancata” da una mareggiata, da quelle con fondali importanti a quelle basse, può offrire la possibilità di catture durante tutto l’anno.

Ovviamente cambiano i predatori che possiamo incontrare e la loro abbondanza a seconda delle stagioni, ma pesci come spigole, occhiate e saraghi che, attivati dal moto ondoso, diventano molto aggressivi anche nei confronti degli artificiali, sono sempre presenti nel sottocosta, e il loro istinto predatorio non viene certo meno se ci troviamo a pesca durante una mareggiata con la calura di agosto o con il freddo rigido invernale.
Generalmente, per le coste italiane, isole a parte (fanno sempre caso a sé), inverno e primavera offrono una minore varietà di specie; quasi sempre ci ritroveremo ad avere a che fare con spigole e occhiate, e in alcuni luoghi particolari anche saraghi; solo con l’alzarsi delle temperature si alzano le possibilità di incontro con serra e barracuda, fino ad arrivare all’autunno, quando si ha nel sottocosta la maggiore concentrazioni di predatori di tutto l’anno.

Non è raro, infatti, specialmente se si frequentano scogliere con fondali importanti sotto riva, l’incontro in mareggiata con, oltre ai pesci sopracitati, tunnidi, ricciolette e persino dentici.

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Scogliere di media profondità
Prendiamo l’esempio di quelle scogliere che subito sotto i piedi hanno una certa profondità, diciamo dal metro e mezzo in su. Qui lo scenario è ben diverso da una “piana” e la varietà di prede che possiamo incontrare molto più ampia. L’onda arriva a schiantarsi con forza sulla riva, creando una schiumata di reflusso di qualche metro a seconda dell’intensità della mareggiata, cosa che rende lo scenario di ben più facile lettura. In questo caso predatori come le spigole stazionano il 99% delle volte proprio sotto i nostri piedi, cacciando ogni pesciolino che cerca di nascondersi nella schiuma. Oltre alle spigole sempre sotto la schiumata non è raro trovare i saraghi che cercano di raccogliere ogni piccolo crostaceo strappato dal moto ondoso e che a volte, si gettano sugli artificiali trattenuti in corrente. Quando l’onda frange con forza a riva, crea una spinta di reflusso verso il largo per scaricare l’energia che non trova sfogo sulle rocce. Se si riesce ad entrare in questo correntone con l’esca, è buona norma fermare il recupero e trattenere l’artificiale: sarà la massa d’acqua in uscita che, con la sua energia, animerà il minnow come se lo stessimo recuperando, portando l’esca a scodinzolare come fosse recuperata dal mulinello ma, di fatto, senza avanzare. L’imitazione perfetta di un pesciolino in difficoltà che cerca di risalire la corrente, non è un caso se moltissimi strike avvengono durante questa trattenuta.

Tante possibilità

A parte spigole e saraghi, il resto delle possibili catture si trova generalmente subito oltre la schiumata. Potrebbe esserci di tutto là dietro, occhiate, serra, barracuda, o qualunque altro predatore pelagico sia solito girare nelle nostre zone. Le esche maggiormente utilizzate su questi tratti di costa sono i minnow, specialmente se ben palettati, dai long jerk da 170 mm o più, ai più piccoli da 100 – 110 mm. I long jerk (come Shore line, Tide Minnow Slim o Mommotti) sono ottimi per sondare la lunga distanza, in cerca di quei predatori che stazionano più a largo, mentre i piccoli minnow ben palettati (come Rogos o Artist, per gli appassionati dei modelli) danno il meglio di sé fatti lavorare sotto la frangenza, con la tecnica della trattenuta, per scatenare l’aggressività delle spigole e, occasionalmente, anche dei saraghi e di qualunque altro predatore si avventuri sotto la turbolenza delle onde.

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Scogliere a picco sul mare
Sicuramente lo scenario più ostico da frequentare con mare mosso, oltre a un fattore di rischio che richiede sempre la massima attenzione. Queste scogliere rappresentano la zona dove l’incontro con i grandi predatori è maggiormente probabile. L’elevata profondità, caratteristica tipica di questi ambienti, offre possibilità di incontro precluse altrove, primi su tutti la famiglia dei tunnidi, che non è raro trovare attivi sottocosta subito prima o dopo una perturbazione. Ritrovarsi un fondale alto 10 o più metri subito sotto riva rende impossibile cacciare a pesci che sono soliti tendere agguati alle loro prede, come le spigole. L’incontro con questo predatore in scogliera alta è davvero raro. In compenso abbandono le sorprese e gli incontri inaspettati con le prede da sogno, come dentici e ricciole, che non sono più una remota possibilità.

Artificiali nello zaino

Il jig è la tipologia di esca che la fa da padrone in questi contesti. L’elevata aerodinamicità, e la possibilità di scendere a esplorare in velocità anche i fondali più profondi, lo rendono un’arma vincente in un ambiente non di facile interpretazione, dove spesso si pesca alla cieca, lanciando nel buio delle profondità marine. Una validissima alternativa ai jig, per quel che riguarda gli strati superficiali d’acqua, sono i grossi minnow ben palettati, come Buginu o Angel Kiss 140, che grazie alla loro ampia paletta riescono a contrastare la forte risacca tipica delle scogliere che sprofondano a picco sul mare. Generalmente, per sondare come si deve un determinato tratto di costa sono solito iniziare con i minnow, per poi in seguito passare ai jig per cercare prede negli strati d’acqua più profondi, in modo da sondare più altezze e con presentazioni diverse. Solo dopo aver tentato con il jig cambio zona.

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Varietà di strike

Le prede che possiamo incontrare sono davvero le più disparate: dal tunnide, al barracuda, al serra, passando dal maestoso dentice alla piccola occhiata. Proprio su questo sparide mi vorrei soffermare, la cattura di questo piccolo pesce, spesso abbondante in scogliere profonde, che seppur molto raramente supera il mezzo chilo, oltre a essere un piacevole intermezzo nell’attesa di qualcosa di più sostanzioso, è anche un ottimo indicatore di attività marina. Quando le occhiate, ma allo stesso modo i saraghi, diventano aggressivi nei confronti degli artificiali, quasi sempre è un buon momento per la cattura anche di predatori ben più importanti, che in quel momento, se presenti in zona, sono sicuramente in caccia. Si direbbe che, quando la situazione diventa favorevole alla caccia, l’istinto predatorio prenda il sopravvento contemporaneamente nella maggior parte delle specie marine.

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Spinning da scogliera: le attrezzature

Le scogliere, specialmente se affrontate durante una mareggiata, sono un ambiente unico nel proprio genere con caratteristiche neanche lontanamente paragonabili ad altre tipologie di spot che si possono incontrare lungo le nostre coste. La possibilità di ritrovarsi a lanciare qualche metro sopra il livello del mare o in un ambiente estremamente basso e ricco di ostacoli, e quella di confrontarsi nella stessa giornata con prede che variano da un’occhiata di 300 grammi a pesci di oltre quattro chili, ci obbligano all’utilizzo di attrezzi il più polivalenti possibile. Una canna “lunga”, tra gli 8’ e gli 8’6’’, ci sarà sicuramente di aiuto per riuscire a far lavorare l’esca fin sotto i piedi, o per meglio gestire una preda negli ultimi metri, sfruttando la lunghezza della canna per staccare la preda dalle rocce o per indirizzarla meglio verso la direzione a noi più propizia. L’handicap, comunque molto relativo, che si ha con le canne di una certa lunghezza nel manovrare gli artificiali, in mareggiata diventa inesistente in quanto le esche vengono già animate a dovere dal moto ondoso, rendendo la necessità di recuperi elaborati praticamente inesistente.

Azione della canna


Come potenza, con un attrezzo in grado di lanciare senza problemi fino a 40 – 45 grammi, si potrà gestire la maggior parte delle situazioni, sia per quel che riguarda la gestione degli artificiali sia per il combattimento con le prede. Per quel che riguarda la treccia, un buon 20 lb basta e avanza nel 90% dei casi. Un multifilo di questo carico ci permetterà di fare poca vela una volta esposto alle correnti marine e al vento, offrendo allo stesso tempo la resistenza necessaria per combattere pesci che, se presi in determinate condizioni meteo, possono diventare particolarmente impegnativi. Infine, un metro e mezzo di ottimo fluorocarbon dello 0,45 / 0,50 sarà indispensabile per proteggere la treccia dal contatto con le rocce. Tra pesci che cercheranno la rottura della lenza sul fondale roccioso e onde che rendono difficile evitare il contatto all’artificiale con gli ultimi scogli, finali sopra il metro di lunghezza diventano di fondamentale importanza. Una volta caricato il tutto in un potente mulinello taglia 5000, saremo a posto per affrontare al meglio questi difficili scenari di pesca.

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Guida alla tecnica di pesca a spinning in scogliera, per occhiate, spigole, barracuda, pesci serra, tunnidi, dentici. Canne, mulinelli, consigli – PescaFishingShop.com

In definitiva, affrontare le coste rocciose non è certo una passeggiata, lo sforzo fisico, l’ambiente ostico, i chilometri percorsi in scogliera, rendono lo spinning in questi ambienti una tra le tecniche più dure che si possano affrontare nel mondo della pesca.

Dall’altra parte, però, la ricerca continua della preda da sogno, l’immersione totale in ambienti puri e incontaminati, la “sfida” con gli elementi riescono a trasformare una giornata di pesca in un’esperienza avventurosa da ricordare, indipendentemente dal risultato.

Chi va in scogliera ad affrontare le onde, non lo fa di certo per catturare pesci a più non posso ma per vivere a pieno quelle emozioni che solo la pesca riesce a dare.

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